top of page

Caso di omessa diagnosi di spina bifida

Risarcimento
380.000€

Danno Subito

I genitori Luana e Gianni hanno subito un danno jure proprio da “nascita indesiderata” nonché un danno biologico di natura psichica per il grave trauma subito. Nessun danno può essere, di contro, individuato in capo al neonato poiché la sua grave patologia non poteva essere emendata neppure con una tempestiva diagnosi intrauterina – malgrado siano stati eseguiti, in via sperimentale, degli interventi chirurgici di chiusura della spina bifida durante la gravidanza – ed in considerazione del fatto che il nostro ordinamento non riconosce il “diritto a non nascere se non sano”.

La Storia

Abbiamo patrocinato il caso di Luana e Gianni, genitori del piccolo Alfredo nato a seguito di taglio cesareo affetto da mielomeningocele (c.d. spina bifida). I genitori, desiderosi di prole, si erano rivolti ad una ginecologa di fiducia già nella fase del concepimento per verificare, attraverso le analisi loro prescritte, l’assenza di tare genetiche trasmissibili al nascituro. Avendo ricevuto rassicurazioni in tal senso, si determinavano nel ricercare una gravidanza che si instaurava da lì a poco. La gestante veniva seguita sin dalle prime fasi dalla medesima ginecologa la quale, all’interno del suo studio, metteva a disposizione il “servizio” di ecografia morfologica con un radiologo di propria fiducia. Malgrado i regolari controlli effettuati e l’assunzione dei farmaci prescritti (nella specie acido folico) nei dosaggi indicati, alla nascita al piccolo Alfredo veniva diagnosticata la spina bifida che comportava, subito dopo il parto, l’esecuzione del primo di una lunga serie di interventi chirurgici (da eseguirsi secondo i vari step di crescita) che, purtuttavia, non potevano risolvere gli effetti della grave patologia (disturbo cognitivo, difetto di deambulazione, non controllo sfinteriale, etc..). Dopo uno studio approfondito del caso dal punto di vista medico legale e giurisprudenziale si optava per la formulazione di una richiesta risarcitoria nei confronti della ginecologa che aveva seguito l’intera gravidanza nonché del radiologo che aveva eseguito le ecografie morfologiche contestando loro, da un lato, una erronea prescrizione di acido folico (sottodosato) e, dall’altro, l’omessa diagnosi di spina bifida. Ciò aveva cagionato ai genitori il danno c.d. “da nascita indesiderata” poiché, essendo risultato provato che gli stessi desiderassero un figlio sano, non avendo ricevuto una corretta informazione da parte dei sanitari, si sarebbero potuti determinare per una interruzione volontaria della gravidanza, ricorrendone i presupposti previsti dalla legge. In fase di mediazione le parti tutte si determinavano per la nomina di un collegio di periti chiamati a pronunciarsi sul caso di specie. Venivano accertati gli errori dei sanitari (ginecologa e radiologo) sia nella prescrizione farmacologica – l’acido folico è integratore che agevola in fase di formazione fetale la chiusura della spina dorsale – sia nel non avere seguito le linee guida nell’esecuzione delle ecografie morfologiche, talché l’omessa diagnosi di spina bifida poteva imputarsi a negligenza dell’operatore. Sulla scorta di tali risultanze le parti si determinavano nella definizione bonaria della controversia in sede di mediazione.

bottom of page