ORTOPEDIA

Abbiamo patrocinato il caso di Edoardo, un bambino di 4 anni che durante il gioco, a seguito di una caduta, si è procurato una frattura del gomito. Portato al pronto soccorso dai genitori ed effettuati gli esami rx di routine, veniva confezionata una doccia gessata sull’errato presupposto che quel tipo di frattura non andasse trattata chirurgicamente. A seguito della consolidazione del callo osseo tra i monconi, malgrado i sanitari avessero rassicurato durante la degenza che dalle immagini radiologiche la riduzione della frattura appariva soddisfacente, rimosso il gesso, si è appurato che il braccio del bambino era rimasto deforme. I genitori non accettavano che al loro piccolo figlio fosse residuato un braccio con evidenti limiti funzionali per cui si rivolgevano ai migliori specialisti ortopedici di tutta Italia i quali, unanimemente, riferivano che essendo il bambino in fase di crescita non si sarebbe potuti intervenire chirurgicamente e che, del caso, un intervento riparatore si sarebbe potuto tentare dopo la pubertà. Edoardo, il quale nel frattempo aveva sviluppato una sindrome di natura psichiatrica riconducibile alla sua deformità, divenuto adolescente, veniva nuovamente visitato da vari specialisti ortopedici i quali, tuttavia, sconsigliavano di sottoporsi ad un intervento chirurgico perché troppo rischioso, in considerazione del fatto che si sarebbe dovuti intervenire in un distretto anatomico in cui scorrono tutte le terminazioni nervose del braccio e della mano, ragion per cui per curare un braccio non in asse si sarebbe corso il rischio di perdere l’uso della mano e del braccio stesso. A quel punto i genitori si determinavano a proporre per il ns tramite un’azione giudiziaria finalizzata ad ottenere il risarcimento del danno subito. Introdotto il giudizio la disposta CTU (consulenza tecnica d’ufficio) accertava che, conformemente alla nostra prospettazione la specifica frattura subita da Edoardo andasse trattata con riduzione chirurgica (filo di Kirshner per via percutanea) ragion per cui il trattamento sanitario erogato ad Edoardo doveva ritenersi connotato da colpa e che, pertanto, il danno (anche nella sua componente psicologica) fosse da porsi in nesso di causa con la condotta dei sanitari. La sentenza che definiva il giudizio faceva proprie le risultanze della CTU espletata in via istruttoria e condannava la struttura sanitaria al risarcimento.